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Le principali classificazioni dei ponti
Una breve panoramica
Intro

Realizzare un ponte è da sempre esempio dell’ambizione dell’uomo di superare un ostacolo, della sua tenacia e della sua inesauribile curiosità verso il mondo.

Nel corso del tempo, ingegnosità e tecnologia si sono evolute in maniera stupefacente, e oggi a sfide sempre più ambiziose corrispondono soluzioni e tecniche ingegneristiche senza precedenti.

In base ai meccanismi di resistenza ai carichi gravitazionali e orizzontali, i ponti possono essere classificati in base allo schema statico. Scopriamoli in questo nuovo journal.

1. Ponti strallati e sospesi

Un ponte strallato è un ponte il cui impalcato è sorretto da un sistema di cavi, definiti stralli, ancorati a una o più torri di sostegno.
Sono proprio i cavi a caratterizzare questa tipologia di ponte, e ricoprono un ruolo fondamentale in quanto sopportano le flessioni longitudinali dell’impalcato, rinviando il suo carico di sospensione alle torri a cui i cavi sono agganciati.

Gli stralli sono dei supporti elastici di acciaio di piccolo diametro posizionati a distanza regolare nell’impalcato, tra i 6 e i 15 metri: questa distanza può tuttavia diminuire dalla torre alla parte centrale dell’impalcato, affinché le forze non differiscano tra uno strallo e l’altro.
L’inclinazione ottimale degli stralli è stabilita a 45°, ma può variare tra i 25° e i 65°. È fondamentale il fatto che con l’aumentare dell’inclinazione diminuiscono la tensione e la linearità, così come le sollecitazioni sull’impalcato.

È chiaro quindi che l’altezza della torre a cui sono ancorati gli stralli influenza in maniera determinante la rigidità del sistema strutturale: un aspetto non solo architettonico dunque, ma anche strutturale.
Generalmente l’altezza della torre è direttamente proporzionale alla lunghezza dell’impalcato moltiplicata per la tangente di 25°.
Per quanto riguarda lo schema strutturale dei ponti strallati, questo può essere di due tipi, definiti in base alla disposizione geometrica degli stralli: a ventaglio o ad arpa.

Storicamente in uso per ponti con luci tra i 200 e i 400 metri, oggi i ponti strallati sfidano il primato di lunghezza dei ponti sospesi, gli unici utilizzati per ponti di grandi luci. Questo perché con le tecniche ingegneristiche contemporanee i ponti strallati, rispetto a quelli sospesi, risultano meno deformabili e meno soggetti a fenomeni di instabilità aeroelastica e possono quindi essere utilizzati per superare grandi luci, che possono arrivare fino a 1000 metri.

Il ponte sospeso è caratterizzato da un sistema di sospensione costituito da due elementi: i cavi portanti e i pendini. I primi rappresentano l’elemento principale: sono funi metalliche disposte secondo una configurazione curvilinea, in genere parabolica, a cui è appeso l’impalcato tramite i pendini, ovvero delle funi verticali o inclinate.

I cavi portanti sono sostenuti dalle torri e ancorati a terra alle due estremità del ponte, oppure, in rari casi, ancorati direttamente all’impalcato. I due blocchi di ancoraggio, solitamente realizzati in calcestruzzo, hanno il compito di bilanciare la componente di trazione dei cavi, soprattutto nei ponti di grandi dimensioni.

Per quanto riguarda l’impalcato, questo ha solitamente una configurazione scatolare a parete piena, il cosiddetto impalcato "a cassone", ed è realizzato in acciaio. Ha una sezione scatolare sottile, in genere compresa tra un trecentesimo e un quattrocentesimo della luce. È dotato di rigidezza torsionale per evitare fenomeni di instabilità aerodinamica.

2. Viadotti

A seconda dell'ostacolo che devono superare i ponti possono essere identificati come viadotti quando oltrepassano ostacoli naturali (ampie vallate o distese pianeggianti), oppure, in contesti urbani, quando superano edifici e altre infrastrutture poste a livelli differenti, come ad esempio sopraelevate, linee metropolitane o ferroviarie.

Strutturalmente i viadotti sono composti da una serie continua di numerose luci, che possono superare facilmente i 150 metri di altezza, con una struttura che può essere sia ad arco che a travata. Le sezioni trasversali dei viadotti sono a cassone, mono o pluricellulari, con pareti dallo spessore variabile.

Considerata l’altezza notevole che possono raggiungere le pile in fase di progettazione è necessario considerare i fenomeni di instabilità flessionale e locale. Da qui il problema di valutare lo stato tensionale e deformativo delle pile più alte, sia per il loro corretto utilizzo sia per una valutazione delle loro capacità resistenti ultime; in quest’ultimo caso è importante considerare gli schemi resistenti mobilitati nel momento in cui gli spostamenti della pila superano quelli massimi di esercizio. È importante dunque lo schema statico dell’impalcato sulle pile, che può essere di due tipi: con travi in semplice appoggio o a travata continua.

3. Ponti ad arco

I ponti ad arco si caratterizzano per la presenza di una forma semicircolare curva, l’arco, a supporto dell’impalcato. L’arco è un elemento strutturale vincolato e sagomato affinché i carichi esercitati generino su di esso soprattutto sforzi di compressione: questa soluzione riduce i momenti flettenti a valori trascurabili rispetto a quanto farebbe invece una trave della stessa luce.

Secondo il grado di iperstaticità i ponti ad arco possono essere classificati in quattro tipologie diverse.
Ponti ad arco incastrato, in cui la linea delle pressioni non ha nessun punto di passaggio obbligato e nervature parallele e verticali collegano l’arco all’impalcato.
Ponti ad arco a due cerniere, dove l’arco esercita una spinta minore rispetto all’arco incastrato e si collega all’impalcato con elementi isolati, il più delle volte connessi con elementi trasversali a formare una struttura reticolare. Ponti ad arco a tre cerniere: qui la linea delle pressioni passa forzatamente attraverso i perni delle cerniere d’imposta e quello della cerniera posta in chiave.
Con i ponti ad arco a spinta eliminata invece elementi verticali trasmettono i carichi dall’impalcato all’arco: l’impalcato assorbe la spinta orizzontale dell’arco ed è in acciaio perché soggetto ad elevati sforzi di trazione.

In base alla posizione dell’impalcato, invece, dal punto di vista morfologico i ponti ad arco possono essere suddivisi in: ponti a via superiore, soluzione generalmente usata per ponti in cemento armato; ponti a via intermedia, dove l’arco, per non invadere la carreggiata, è costituito da un elemento centrale oppure si sdoppia in due elementi laterali; ponti a via inferiore, realizzati soprattutto in acciaio.
In quest’ultimo caso l’impalcato si mantiene all’altezza degli appoggi dell’arco, e la reazione orizzontale è affidata all’impalcato stesso, che funge come un vero e proprio tirante.

Sono tre i metodi principali con cui possono essere realizzati i ponti ad arco.
Tramite centina: è il metodo più utilizzato in passato, prevede una struttura ausiliaria (centina) sopra la quale vengono appoggiati i conci. Oggi è una tecnica poco privilegiata, anche a causa dei costi insostenibili della centina.

Per sbalzi successivi: ad oggi è il metodo più utilizzato soprattutto per i ponti di grande luce, e prevede la realizzazione dei due semiarchi simmetrici per sbalzi successivi tramite un carro di avanzamento o conci prefabbricati, fino alla chiusa in chiave dell’arco. A causa delle sollecitazioni in questa fase è necessario ricorrere anche a tiranti provvisori.

Per rotazione dei due semiarchi, che vengono costruiti tramite rotazione attorno alle cerniere d’imposta utilizzando in una prima fase la spinta di un martinetto orizzontale, e infine un sistema di cavi, fino a che i due semiarchi non raggiungono la posizione definitiva.

4. Ponti a cavalletto

I ponti a cavalletto presentano lo schema statico dei ponti a telaio, ovvero quei ponti formati da collegamenti resistenti a flessione chiamati traversi di telaio e da strutture verticali con funzione di appoggio, sollecitati a compressione, detti ritti di telaio o piedritti.

Quando si ricorre ai piedritti inclinati rispetto alla verticale, ad esempio per realizzare viadotti che attraversano alte vallate, lo schema strutturale prende il nome di ponte a cavalletto, dove si genera un meccanismo di compressione sul traverso di telaio. Generalmente i ponti a cavalletto hanno un comportamento intermedio tra quello dei ponti ad arco e quelli a telaio.

I ponti a cavalletto possono essere a cavalletto semplice, in cui è prevista la creazione di un meccanismo resistente a compressione nella parte centrale, o a cavalletto con tirante, in cui sono inseriti dei tiranti laterali per la riduzione del momento positivo.

CREDITS

e-nsight.com
teknoring.com
promozioneacciaio.it
ordineingegnerimantova.it
ingegneriastrutturale.net
Prof. Pier Paolo Rossi, Ponti e grandi strutture (lezione), Università degli studi di Catania
Prof. Domenico Raffaele, Classificazioni tipologiche (lezione aa. 2019-2020), Politecnico di Bari

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